La Grotta di Rio Martino rappresenta per la valle del Po il fenomeno di carsismo più rilevante; il banco di calcari dolomitici triassici che la ospita rappresenta altresì l'ambiente carsico esterno più esteso ed interessante di tutta l'alta Valle. Il grandioso complesso carsico è impostato prevalentemente su diaclasi e faglie verticali, nonché in giunti di stratificazione. Un'analisi dettagliata metro dopo metro richiede pertanto un lunghissimo trattato, poiché lo sviluppo totale della cavità supera i due chilometri. In sintesi si può affermare che la grotta è stata scavata dall'irruente volontà di scendere verso il basso delle acque dei torrenti subglaciali raccolte sotto i seracchi e in fondo ai crepacci del grande ghiacciaio che ha modellato la Valle del Po. Queste acque, raggiunto il terreno calcareo, spinte da gravità, s'inabissarono in un punto debole, una grande diaclasi o faglia e iniziarono il processo di carsificazione allargando i condotti. Nel loro scorrere impetuoso verso il basso, queste acque portarono materiali non calcarei, ciottoli serpentinosi, selci, argilla, dando inizio così a un possibile processo di riempimento finora contrastato dalla vitale attività dei torrenti che percorrono quasi tutti i condotti della grotta. Ovunque, lungo le pareti e i soffitti della galleria, sono visibili parecchi "scsllops"(eversioni), forme dovute all'erosione meccanica delle acque scorrenti in pressione idrostatica. Il gran numero di eversioni sta ad indicare che nella fase genetica il bacino collettore, quello percorso ora dai sentieri della visita turistica, doveva essere occupato da grandi masse di acqua scorrenti a forte velocità. Grandiose forme di crollo sono visibili in parecchi punti della grotta, particolarmente nel ramo inferiore - passo delle Cassere e Gran Salone della cascata detta "Pissai" - L'erosione dell'acqua ha creato meravigliosi saloni, ha allargato fessure operando frane ed abbassando di conseguenza il tetto del fiume fino al livello attuale. La grotta è costituita da un sistema complesso di canali superiori, una successione di rami che si sovrastano, s'intersecano creando in alcune zone veri labirinti (rami alti sopra il salone del Pissai), ora quasi abbandonati dalle acque che li hanno modellati nel corso dei millenni. Notevoli sono i fenomeni di concrezionamento visibili soprattutto nel ramo superiore rimasto sinora quasi intatto. Il ramo inferiore, turistico, conosciuto già nei secoli scorsi reca i danni subiti da un utilizzo improprio da parte dei numerosi visitatori. Alcune graziose concrezioni stalattitiche e stalagmitiche sono testimoni dell'importanza assunta dalla più appariscente manifestazione naturale insita nel fenomeno carsico: il concrezionamento, in altre parole la deposizione del sale denominato carbonato di calcio. La caverna continua tuttora a subire modificazioni anche se non sono in genere misurabili nelle dimensioni della vita umana. La cavità risulta tuttora dalla confluenza di numerosi torrenti che raccolgono le loro acque in un unico attivissimo bacino collettore. La portata d'acqua è abbastanza regolare variando parecchio nei periodi di scioglimento delle nevi senza però raggiungere limiti di pericolosità. BREVI NOTIZIE STORICHE
Come per tutte le balme, così anche la Grotta di Rio Martino ha un passato legato alla preistoria, le cui vestigia furono ritrovate nel sottosuolo dell'avangrotta durante i lavori di scavo degli anni 1871 e 1872; lavori che portarono alla luce un'ascia di serpentino e arnesi neolitici, molti dei quali andarono distrutti dall'imperizia del personale adibito ai lavori di sterro. Nei secoli, molti personaggi illustri visitarono la Grotta che interessò anche i membri dell'allora regnante Casa Savoia. Nella seconda metà del 1800 fu iniziata la costruzione di un camminamento più agevole nell'interno con la posa di ponticelli di legno muniti di "mantene" (mancorrenti) e altri accorgimenti; all'esterno era già stato tracciato un sentiero. Le opere furono inaugurate il 3 agosto 1878. Nel 1875 era stato tentato un esperimento ittico, gettando nelle gelide acque sotterranee delle trote e botte che nel 1877 "parve a taluno di vedere guizzare". Nel 1906 la grotta passò in concessione all'allora giovanissima Sezione "Monviso" del Club Alpino Italiano che affrontò il problema del superamento della grande cascata. Il lavoro è studiato da Valbusa e dal Borda con le guide Claudio e Giuseppe Perotti. La grande e verticale parete fu risalita con l'installazione di scale e passerelle aeree che permisero di raggiungere la prima saletta del ramo superiore con la posa di un tavoloni ferro e legno. Alla grotta fu interessato lo Speleo Club Saluzzo "Francesco Costa" che sotto la guida di Pio Monelli, il 30 settembre 1962, aprì una via più sicura per la salita al ramo superiore eliminando così il problema delle antiche scale ormai pericolanti. Altre esplorazioni dello Speleo Club Saluzzo e del G.S.P. portarono a nuove conoscenze allargando maggiormente il campo d'azione speleologico. Nell'anno 1963 il sodalizio saluzzese organizzò una campagna di studi in collaborazione con l'istituto di Zootecnica Generale e la partecipazione di ricercatori altamente qualificati. E' l'"Operazione R..63" di cui fu data notizia in pubblicazioni varie. La grotta offre ancora prospettive di nuove ed entusiasmanti scoperte. CONSIGLI UTILI PER LA VISITA AL RAMO INFERIORE
Questa breve ed interessante escursione non presenta, nel suo insieme, problemi tecnici eccessivi e non richiede attrezzature particolari. L'ambiente meteorologico ipogeo rappresenta l'unico fattore positivo (soprattutto psicologico) fornendo una continua ventilazione unidirezionale che va dai 5 ai 48 m/min. secondo la zona. E' opportuno fornirsi di molta luce: le fonti luminose devono essere due per ogni individuo, possibilmente elettriche con una batteria di ricambio (può essere utile rammentare che una batteria nuova e di recente fabbricazione sistemata in una pila nuova fornisce all'incirca quattro ore di luce). Proibito l'uso delle torce a vento poiché alterna, inquinando, la reazione della grotta con grave danno all'ambiente biologico e a chi opera nelle vie alte in esplorazione. Umidità e bassa temperatura non sono gravi problemi e possono essere risolti con abiti idonei. L'uso di calzature impermeabili è di massima importanza perché il potersi spostare nel fiume, ove questo lo consenta, evita l'incontro con gli spuntoni rocciosi che nascono ai lati del canale. Si ritengono utili gli stivaletti di gomma alti fino al ginocchio. |
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