VAL MAIRA
Comune di Macra
(prov. Cuneo) - Piemonte Italia

La fiera di San Marcellino
e gli acciugai della valle Maira

Macra

Macra: alla fiera di San Marcellino e degli acciugai
Macra, piccolo paese di lingua occitana della Valle Maira in provincia di Cuneo, collocato nelle Alpi Cozie meridionali, mantiene viva la sua cultura e le tradizioni.
Uno dei momenti importanti della sua storia è rappresentato dalla sua storica e antica fiera. Viene effettuata in concomitanza della festa del santo patrono San Marcellino il 26 aprile. La fiera rappresenta uno dei momenti salienti per la vita sociale ed economica della valle Consolidata negli anni non solo rappresenta un appuntamento fisso per l’esposizione e la vendita dei prodotti gastronomici, agricoli e artigianali della valle, ma anche un grande momento di incontro e aggregazione per il ritorno dei suoi abitanti emigrati in cerca di lavoro e fortuna.
Ogni anno, oltre ai produttori, vengono fatti intervenire complessi musicali di aree occitane diverse, vengono allestite mostre tematiche, offerte degustazioni e distribuiti piatti della locale cucina occitana. Inoltre la fiere è una vetrina di antichi mestieri tra i quali il più rappresentativo è l’ambulante originale: l’anciuìe' della Valle Maira
L’anciuìe' era il venditore ambulante di pesce di mare che riforniva il nord dell’Italia, e proveniva da quella particolare vallata alpina cuneese che è la Valle Maira.
Le origini di questo mestiere sono molto antiche, ma nessuno sa con precisione quando abbia avuto inizio; realtà e leggenda si sono mescolate dando vita a differenti versioni. Secondo un’ipotesi, la più verosimile, questo commercio avrebbe avuto origine da occupazioni preesistenti. Alcuni raccontano che un bottaio locale, recatosi a lavorare in Liguria, avrebbe fatto ritorno con un paio di botti piene di acciughe, rivendendole lungo la strada e rendendosi conto che quel tipo di commercio sarebbe stato redditizio. Altri, invece, raccontano che questa professione nacque grazie a un contadino di Celle Macra che, trovandosi a Genova, acquistò un barilotto di acciughe che riuscì a vendere con facilità, ottenendo un buon guadagno. La notizia si diffuse in Valle Maira, dove così s’iniziò a praticare tale mestiere, che però non si diffuse in tutta la Valle, ma divenne caratteristico di una zona limitata posta sulla destra orografica del fiume Maira e nella parte iniziale della vallata. I centri “famosi” furono : Celle Macra, Macra, Paglieres, Albaretto, Lottulo e le frazioni più alte del comune di Dronero, Moschieres e Santa Margherita, ma anche San Michele di Prazzo e Roata Prato.
Gli anciuìe' partivano appena terminati i lavori agricoli, soprattutto in settembre. Si andava a piedi fino a Dronero, poi si prendeva il treno fino al luogo di destinazione: gli abitanti di Macra e Celle Macra erano soliti dirigersi verso il Milanese; quelli di Paglieres e Soglio (di Celle Macra) verso Torino; quelli di Santa Margherita verso l’Astigiano. Pare che qualcuno dalla Valle si recasse talvolta anche in Francia.
Era un lavoro in proprio, oppure svolto alle dipendenze di qualche titolare. Si iniziava come garzoni, quando non si disponeva ancora del capitale necessario per acquistare la merce e gli attrezzi. Gli acciugai portavano con sé un grosso sacco di tela per infilarsi dentro la sera per dormire. L’abbigliamento, comodo e robusto, doveva resistere bene alla corrosione del sale e dell’umidità, e il “panciotto” doveva avere tasche capienti in cui deporre il denaro, e poi immancabile era l’enorme cappello a larghe tese. Molto importanti erano gli strumenti di lavoro, a partire dal carretto, il più prezioso, indispensabile, e anche il più caratteristico: sul caruss d’anciuìe si caricavano i barilotti e le latte con i prodotti da vendere. Robusto, capiente e adatto all’esposizione della merce, era abitualmente in legno di frassino e costruito a Tetti di Dronero. Poi c’era lo scandai (la stadera) che generalmente permetteva di pesare fino a un chilo, ma poteva anche arrivare fino agli otto.
L’anciuìe' della valle Maira non vendeva solo acciughe, ma anche merluzzo, saracche, sardine, aringhe e qualche volta tonno. Si rifornivano o direttamente al porto di Genova, oppure da un grossista che vendeva il pesce in grossi centri di distribuzione vicino alle zone di mercato. Questo sistema di approvvigionamento durò fino a dopo la seconda Guerra mondiale, fino a quando, nei primi del Novecento si affermarono agguerriti grossisti : Salomone, “Caporal”, Del Pui, Martini, tutti originari della Val Maira. Da semplici acciugai, con audaci investimenti, questi riuscirono a mettere in piedi un proprio regno accumulando grossi capitali. Il pesce arrivava dall’Italia del Sud (di solito la Sicilia), oppure dall’Algeria, dal Marocco, dalla Spagna o dal Portogallo. Dopo aver lasciato il proprio luogo di rifornimento, si seguiva un itinerario procedendo per tappe programmate sui mercati e sulle fiere di paese, offrendo la propria merce al grido ”Oooo anciuìe, anciuìe”. Non appena il clima permetteva di iniziare i lavori agricoli, si ritornava a casa: alcuni rientravano già in marzo, altri in maggio. Riposto il carretto e gli attrezzi se si aveva un magazzino, si sospendeva il mestiere fino all’autunno successivo.
Il mestiere dell’anciuìe era da tutti considerato piuttosto redditizio, naturalmente per chi lavorava in proprio, ma profitti molto elevati, eccetto alcuni sporadici casi, furono possibili solo dopo l’ultima guerra, quando il mestiere si trasforma, e il venditore ambulante, diventa commerciante di generi alimentari vari. Il carretto viene sostituito dagli autocarri e la vendita avviene con un posto fisso al mercato o in piccoli negozi dei mercati generali dei centri urbani, come Torino e Milano. Così volgeva al termine questo “antico mestiere”: ormai è estinta la sua pratica originale, legata a condizioni di grande miseria e di sofferenze, di povera gente, ma anche di tradizione e solidarietà.

Testo di Caterina Bruna Sardi e Monica Ghio




ghironda
valle Maira
Macra
TEMPO LIBERO
Rubriche

by www ghironda.com