VALLE VARAITA
(prov. Cuneo) - Piemonte - Italia

Storie di
SARVANOT
della Valle Varaita


  • I sarvanot sla lobio (Sampeyre)
  • La cavalo dla Toureto (Casteldelfino)
  • Lou sarvanot pichot dla Rouéé Grando (Frassino)
  • Lou sarvanot qu 'anavo vìha (Frassino)
  • La sarvanotto de Roure (Sampeyre)
  • Lou sarvanot d'Aco'di Fin (Melle)
  • Lou sarvanot di Vëniere (Frassino)
  • Tratto da : CHIRIBURI E SIE SARVANOT ediz. 2003
    fascicolo realizzato in collaborazione con le classi del Liceo Artistico Statale "E.Bianchi",
    le Scuole Elementari di Corso G.Ferraris, Corso Soleri, Borgo S.Giuseppe, Ronchi e Spinetta
    e Associazioni Varie

    Le Storie dei sarvanot, personaggi della mitologia delle Valli Occitane, che tramandano il ricordo, in forma fantastica, di antichissimi avvenimenti. Queste storie provengono dalla Val Varaita (Frassino, Melle, Sampeyre e Casteldelfino).

    I sarvanot sla lobio (Sampeyre)

    C'era una volta una famiglia di Rore che, in autunno, aveva raccolto le noci.
    Gli uomini le avevano messe in un sacco sul balcone, davanti alla camera in cui dormivano.
    Una notte, però, cominciarono a sentire tic tic e tic tic e tic tic.
    Le noci battevano e saltellavano sul piano in legno del balcone.
    La prima volta rimasero molto spaventati da questo rumore.
    Non ebbero il coraggio di uscire a vedere che cosa stava succedendo e rimasero in ansia tutta la notte. Al mattino uscirono e trovarono tutto a posto.
    Le notti seguenti si ripeté il tic tie e fie tie e tic tie.
    La loro paura col tempo diminuiva, ma il rumore non diminuiva. Era fastidiosissimo dormire con questo rumore continuo! Allora andarono da un saggio per chiedere consigli sul da farsi. Questi disse: "Togliete le noci dal sacco, mettete dell'avena nello stesso sacco e nello stesso posto". Così fecero.
    Voi avrete già capito che erano i sarvanot che di notte andavano a giocare con le noci su quel bel balcone.
    La notte seguente i sarvanot arrivarono, vuotarono il sacco e videro i chicchi d'avena. Il risultato fu imprevisto; i sarvanot si misero a piangere, piansero tutta la notte. Così, anziché sentire il tic tic delle noci, gli uomini sentirono il pianto dei sarvanot.
    I sarvanot ritenevano di avere il diritto di andare a giocare con quelle noci, ma sentivano il dovere di rimettere tutto a posto prima che spuntasse il sole. A raccogliere un sacco di noci si fa abbastanza in fretta, mentre a raccogliere un sacco di avena occorre molto più tempo, perché i chicchi sono piccoli.
    Ecco perché i sarvanot piansero tutta la notte: quella notte non poterono giocare, non ne ebbero il tempo, perché dovettero raccogliere l'avena. Al mattino il sacco di avena fu trovato al suo posto, con tutti i chicchi dentro.
    Da quella volta i sarvanot non tornarono più su quel balcone.

    La cavalo dla Toureto (Casteldelfino)

    Nella borgata La Toureto (Torrette) di Casteldelfino abitavano numerose famiglie. Tra gli altri, c'era un contadino di montagna molto agiato: stava così bene che poteva permettersi una cavalla.
    Una bella mattina, era gennaio, si alzò come sempre e andò nella stalla ad accudire gli animali. Con sua grande sorpresa vide che la cavalla era già stata pulita, strigliata, che la coda era tutta intrecciata e che nella mangiatoia c'erano fave fresche in fiore (cosa molto strana visto che era gennaio!). Il proprietario rimase molto stupito.
    Il giorno seguente accadde la stessa cosa: la cavalla era pulita, strigliata, la sua coda era intrecciata, le fave fresche erano nella mangiatoia.
    Questo continuò per molti giorni: la cavalla diventava sempre più bella, ingrassava nel modo giusto, "fioriva".
    Ma il proprietario era molto preoccupato e non sapeva spiegarsi il fatto.
    Così, un giorno andò da un saggio per avere informazioni. Questi gli disse: "No, questo non va bene. Non è una cosa naturale! E' una cosa cattiva che bisogna far cessare ! Tu questa sera sporchi bene la coda della cavalla con il suguet (liquame della stalla)".
    Il contadino fece così. Il mattino dopo, appena alzato, si recò nella stalla per vedere che cosa era successo.
    La cavalla non era più strigliata, la coda non era più intrecciata, le fave fresche non c'erano più.
    Il proprietario ne fu molto contento: "Finalmente ho risolto questo problema!" Sì, ma la cavalla non mangiò più... e nell'arco di un mese era morta!

    Lou sarvanot pichot dla Rouéé Grando (Frassino)

    I rapporti tra gli uomini e i sarvanot sono sempre stati un po' complicati.
    Tanto tempo fa alla Rouéé Grando di Frassino c'era una giovane donna con un bambino. La vita era dura: in montagna, già a quei tempi, le donne lavoravano come gli uomini. Per andare nei campi ad aiutare il marito, la donna metteva il bambino dentro una piccola culla di legno che si poteva portare facilmente. Giunta sul luogo del lavoro, posava la culla sotto un albero.
    Così fece anche quel giorno. Lavora e lavora ... il bambino dormiva tranquillo senza dare problemi.
    Quando la donna, finito il lavoro, andò a riprendersi il bambino, ebbe una gran brutta sorpresa: il suo bambino non c'era più e al suo posto c'era un piccolo rugoso e peloso in volto.
    Tutta sconsolata, la donna lo portò a casa e gli diede da mangiare, anche se non era per niente contenta di allevare un piccolo così brutto e peloso... e non suo.
    La cosa andò avanti per un po' di giorni, poi la donna che piangeva sempre, decise di andare da un saggio. Questi le disse: "Prendi la culla, portala vicino al bial (rio) dove c'è quella roccia alta da cui cadono in continuazione delle gocce d'acqua: lo metti lì sotto in modo che l'acqua cada sulla sua pancia." La donna fece così.
    Al piccolo sarvanot però non piaceva quello stillicidio, per cui si mise a strillare forte, richiamando sua madre. Questa, non potendo resistere al pianto disperato del figlio, tornò a riprenderselo, lasciando nella culla il bambino che aveva sottratto in precedenza.
    La madre del bambino era nascosta, ma la sarvanotto aveva capito che tutto questo era stato fatto per obbligarla a rifare il cambio. Così, andandosene disse alla donna una cattiveria:
    "Lou miou à minjà dë bono papëtto, lou tiou à minjà dë bono mërdëtto."
    (il mio ha mangiato della buona pappetta, il tuo ha mangiato della buona merdetta).

    Lou sarvanot qu 'anavo vìha (Frassino)

    Sempre alla Rouéé Grando di Frassino c'era una bella ragazza. Per il vero, un tempo le ragazze da sposare erano numerose e non mancavano le belle ragazze!
    Un sarvanot si era innamorato di quella ragazza. Così andava a trovarla ogni sera, dopo cena. Questo momento della giornata veniva detto "la veglia". Si sedeva vicino a lei e cercava di dirle delle cose belle. Ma c'era un problema: il sarvanot era innamorato della ragazza, ma alla ragazza questo pretendente non piaceva.
    La ragazza non sapeva come fare ad allontanarlo. Allora andò ad informarsi da una donna saggia, forse dalla madrina, che la consigliò così: "Vesti tuo fratello con i tuoi abiti e fallo sedere al tuo posto a filare" Infatti, durante le veglie non si stava mai con le mani in mano, ma si lavorava, si filavano la lana e la canapa, si facevano altri lavori.
    Fecero così. Il fratello si mise a filare e il sarvanot, quando arrivò, si sedette vicino.
    Nella stalla si vedeva poco, perché a quel tempo c'era solo l'olio di noce per l'illuminazione.
    Nonostante la poca luce, dopo un po' di tempo il sarvanot si accorse che non era la ragazza che amava, ma suo fratello.
    Allora, indispettito, disse:
    "Oi filo filero, l'é pa la filero de l'aouto sero. Trosso balosso, la fuzéé ven pa grosso. "
    (Oh, fila filatrice, non è la filatrice dell'altra sera. Stupida briccona,la fusata non viene grossa).
    Se ne andò dispiaciuto e offeso e non tornò più.

    La sarvanotto de Roure (Sampeyre)

    Un tempo una famiglia di Roure di Sampeyre aveva assunto una sarvanotto, che era molto laboriosa, parlava poco, lavorava molto, sapeva fare molte cose.
    Gli uomini erano contentissimi di quella serva.
    La sarvanotto, però, portava sempre le gonne molto lunghe, che le coprivano completamente i piedi. La curiosità degli uomini era forte, si chiedevano come fossero i suoi piedi.
    Misero allora della cenere sul pavimento, in modo che quando lei ci passò sopra lasciò le impronte: i suoi piedi erano caprini!
    Ma la sarvanotto si accorse di essere stata presa in giro e se ne andò via. Manifestò tutto il suo disappunto dicendo:
    "Mi vou avìou moustrà a fa bur e toume dal lach. Vou avarìou encà moustrà a fa la siro dal lach. Vouzaouti sé 'stà dezunest, vaou vio e vou lou mostrou pa pus".
    (Io vi avevo insegnato a ricavare il burro e i formaggi dal latte. Vi avrei ancora insegnato a ricavare la cera dal latte. Voi siete stati disonesti, vado via e non ve lo insegno più).

    Lou sarvanot d'Aco'di Fin (Melle)

    Nella borgata Acò di Fin di Melle viveva una famiglia. Ogni sera, da un po' di tempo, arrivava un sarvanot che si sedeva vicino al camino. All'inizio gli uomini erano contenti dell'ospite, che era gentile e discreto, ma poi cominciarono a esserne stufi. Il sarvanot parlava poco, ma ascoltava tutto quello che veniva detto.
    Così, stanchi di quell'intruso, andarono dal saggio.
    Questi consigliò di mettere numerosi gusci d'uovo tagliati a metà sul bordo del camino.
    Fecero così. Appena il sarvanot arrivò, vedendo i gusci d'uovo diventò scuro in volto e disse:
    "Siou jo vièi ei jo vist lou bosc de Julion set vinque chomp, set vinque pra, e set vinque bosc, ma avìou pa'nquéé vist tonti tupinét bionc."
    (Sono già vecchio ho già visto il bosco di Giuliano sette volte campo, sette volte prato, e sette volte bosco, ma non avevo mai visto tanti recipientini bianchi). Se ne andò via arrabbiato e più nessuno lo vide.

    Lou sarvanot di Vëniere (Frassino)

    Le Vënière sono le abitazioni di Frassino poste più in alto, dove alcune famiglie salgono d'estate per fare il fieno d'alta quota e per il pascolo.
    Una famiglia Boschero delle Vënière aveva assunto un sarvanot, che accudiva gli animali e li conduceva al pascolo. Erano molto contenti di quel servo.
    Un giorno il capofamiglia andò a raccogliere dei prodotti in alta montagna, erba o legna. Mentre scendeva con la slitta carica, sentì lungo il viottolo una voce che gli disse:
    "Vai a ca' e dì a Chiriburi quë sie Ciriburiatti soun mezi morti e mezi malatti."
    (Vai a casa e dì a "Ciribüri" che i suoi "Ciribüriatti" sono mezzi morti e mezzi ammalati).
    Alla sera, mentre tutta la famiglia stava cenando davanti alla baita, ognuno con la sua scodella in mano, quell'uomo raccontò quanto gli era accaduto quel giorno.
    Appena il servo sentì quelle parole fece un grido acuto e disperato (quil) e scappò via. Non lo videro più. Non prese nemmeno i soldi della paga che gli erano dovuti. Andò a soccorrere la sua gente che era mezza morta e mezza ammalata.
    Questa leggenda ci fornisce anche una possibile spiegazione della ragione per cui attualmente i sarvanot sono molto pochi... e qualcuno sostiene che non ce ne siano più.
    Gianpiero Boschero

    Tratto da : CHIRIBURI E SIE SARVANOT - 2003
    fascicolo realizzato in collaborazione con le classi del Liceo Artistico Statale "E.Bianchi",
    le Scuole Elementari di Corso G.Ferraris, Corso Soleri, Borgo S.Giuseppe, Ronchi e Spinetta e Associazioni Varie


    si ringrazia Dino Conte di Celle Macra per la collaborazione

    ghironda
    valle varaita
    Rubriche

    by www.ghironda.com