I Parchi Naturali delle Valli CHISONE e GERMANASCA
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I Parchi Naturali Un quinto del territorio delle Valli Chisone e Germanasca, rientra all’interno di Parchi Naturali. Questo polmone verde, si trova a meno di cinquanta chilometri dal grande agglomerato urbano di Torino, ed è un patrimonio di inestimabile valore. Infatti oltre a consentire a tutti, cittadini e non, di godere della possibilità di visitare un territorio praticamente intatto, i parchi costituiscono un’oasi dove flora e fauna tipici delle nostre montagne, sanno di poter vivere liberi, indisturbati e, soprattutto, protetti. |
Il Parco Naturale Orsiera Rocciavré
Questo parco si trova su un territorio suddiviso fra tre valli: la Val Chisone, la Val Sangone e la Val Susa. Al suo interno non esistono stanziamenti umani permanenti lungo tutto l’arco dell’anno. Il Rifugio Selleries, aperto dal 2006 tutto l’anno, rappresenta l’unica eccezione a questo stato di fatto, oltre ad essere l’unico rifugio della Val Chisone a trovarsi all’interno del territorio del Parco Orsiera Rocciavré, ed ad essere, dei quattro rifugi del parco, quello che si trova alla quota più elevata.
Il Parco Orsiera-Rocciavré si presenta come un’isola di belle montagne che si innalza ad appena 40 km. da Torino. Robinét, Rocciavré e Pian Real sono visibili dalla città, ed alle loro spalle l’Orsiera, la Rocca Nera, la Gavia e la Cristalliera sfiorano di poco i 2900 metri di quota. Il massiccio è delimitato a nord dal vasto solco della Bassa Val Susa, a sud dalla Val Chisone ed a est dai diversi rami della Val Sangone. Nonostante la prossimità con l’area fortemente urbanizzata e industrializzata di Torino, questo territorio offre un paesaggio alpestre di notevole interesse.
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Il Parco Naturale Val Troncea Il Parco Naturale Val Troncea occupa, nell’omonima valle, 3280 ettari di montagna incontaminata, nel tratto più a monte del bacino del Fiume Chisone. Le rocce delle pareti dei monti presenti all’interno del parco, raccontano la storia della genesi delle Alpi: all’inizio formazioni coralline, poi sedimentazioni di argille e carbonati formano le rocce, in seguito trasformate in calcescisti, marne e dolomie, inframmezzate da pietre verdi. Per l’azione di pressione e spinta delle zolle africana e euroasiatica, esse vennero innalzate notevolmente, fino a superare i 2000 metri sul livello del mare. Presso il Colle del Beth, le antiche miniere di calcopirite custodiscono nelle loro viscere vene di rame, che hanno costituito l’immensa fonte di lavoro e di reddito dell’Alta Val Chisone e non solo, nel periodo a cavallo tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900. Il territorio del parco si estende dai 1670 metri della Borgata Pattemouche di Pragelato ed i 3280 metri della Punta Rognosa, che lo separa dagli impianti sciistici del Colle del Sestirere, i quali distano appena 5 km. Una cresta di cime oltre i tremila metri, costituisce la testata del parco, più a valle si trovano immensi e fitti lariceti, alternati a boschi di pino uncinato e splendide radure dove sono di casa stambecchi, camosci, cervi, caprioli e cinghiali. Tra le rocce delle pareti sovrastanti e nel cielo è facile individuare l’aquila, lo sparviero, la nocciolaia e la pernice.
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Il Parco Naturale Conca Cialancia Situato nel territorio comunale di Perrero, in Val Germanasca, nell’Alto Vallone di Faetto, il Parco Naturale Provinciale di Conca Cialancia è nato nel 2004 ed ha un’estensione di 974,5 ettari. Al suo interno sono compresi il Vallone della Balma, la Conca Cialancia ed il Lago del Lausoun. La Punta Cialancia con i suoi 2855 metri sul livello del mare, è la cima più alta del parco. “Chalancho” nell’occitano alpino parlato in Val Germanasca, significa “Valanga”. Tutto il territorio del parco è, infatti, solcato da numerosi canaloni, dai quali scende materiale lungo tutto l'arco dell'anno, rendendo l’aspetto del vallone in costante mutamento. L’area del parco è attraversata da una vecchia pista militare, lungo la quale si consiglia vivamente di osservare lo splendido lavoro svolto a suo tempo dai soldati che la costruirono. I muri di contenimento presenti lungo i bordi a monte e a valle della pista, costituiscono uno splendido esempio della qualità raggiunta in quegli anni, nella realizzazione di queste vere e proprie opere d’arte. Le ditte di costruzione attuali dovrebbero percorrerla almeno una volta in riverente silenzio. Questa strada, di 25 km. dei quali i primi 5 asfaltati, parte dal Ponte Germanasca a 757 metri di quota, raggiungendo i 2447 metri, sotto il Passo della Cialancia alto 2683 metri sul livello del mare. Lungo il tragitto si sfiorano le sponde dello placido Lago del Lausoun. Salendo fra la metà di giugno ed i primi di luglio, i rododendri che lo circondano sono in piena fioritura: regalando alla conca un colpo d’occhio spettacolare.
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Gran Bosco di Salbertand Il Parco Naturale del Gran Bosco di Salbertand, si estende per la maggior parte del suo territorio in Alta Val Susa, anche se i suoi confini arrivano in Alta Val Chisone, nei comuni di Pragelato e Usseaux. L’area protetta parte dai 1000 metri fino a raggiungere i 2600 metri di quota. La parte più verso il fondovalle è completamente dominata dalle latifoglie: tigli, betulle, frassini, faggi, castagni ed ontani. Il nucleo principale del Parco del Gran Bosco, si trova tra i 1300 ed i 1800 metri di quota, con fitti boschi di abete rosso alternati a tratti di abete bianco, molto raro nelle alpi piemontesi. Più in alto si trovano larici e pini cembri, alternati ai vasti pascoli che occupano la parte superiore del parco, dove si raggiunge il crinale che fa da spartiacque con la Val Chisone. Il territorio del Gran Bosco, presente su questo versante, è interamente costituito da radure e pascoli. Sulle cime del crinale che separa le due valli, si svolse la famosa Battaglia dell’Assietta, nella quale piemontesi e francesi si affrontarono, nel 1747, in un sanguinoso scontro che vide prevalere l’esercito piemontese, grazie all’eroico sacrificio del battaglione valdese. Ogni anno a luglio viene celebrata la ricorrenza di questa vittoria. Ancora ben conservate sono le grandi fortificazioni costruite in quegli anni. La fauna del Gran Bosco è molto ricca, con notevole prevalenza di ungulati, quali cervi, caprioli, camosci e cinghiali. La loro presenza così rilevante a volte crea difficoltà di gestione.
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La Selva di Chambons “…la selva di Chambons, la più bella delle Alpi Cozie… vasta, fittissima e bruna…”, così scriveva Edmondo de Amicis nel suo “Alle Porte D’Italia”. Oggi, purtroppo, rimane ben poco di quella che lo stesso De Amicis aveva definito “una moltitudine innumerata di giganti”. “..non esiste altra località con larici di tali dimensioni…” recita un documento del 1939, ma la storia recente è una triste vicenda di tagli selvaggi e molto estesi. La cecità umana non ha limiti, per fortuna negli ultimi anni è stata intrapresa una sostanziale rivalutazione della Selva che nacque, con l’abitato di Chambons, in epoca medievale. Circa settecento anni or sono, infatti, il pendio che sovrasta la frazione di Fenestrelle, cominciò ad essere curato in maniera mirata: si tagliarono le piante deboli, sostituendole con dei larici, noti per la loro forza e resistenza. L’obbiettivo era quello di proteggere le case di Chambons, collocate sotto il pendio dove si trova la Selva e senza la quale l’intero abitato si sarebbe trovato alla mercè delle valanghe invernali. Nel 1515 un ordinamento sanciva: “…nessuno osi tagliare, scortecciare, danneggiare od asportare alberi tanto verdi quanto secchi, nella Salvaguardia di Roc Reinaud…”. Nel 1791 il Senato Reale del Piemonte, approvava una statuto che prevedeva pene severissime, per coloro i quali avessero tagliato alberi d’alto fusto, posti a difesa dell’abitato di Chambon. Carlo Felice nel 1822 dispose quanto segue: “…gli alberi di qualsivoglia sorta, che sono atti a sostenere le nevi ed impedire le valanghe e le cadute di terreno, non possono essere giammai tagliati, sotto pena di lire cinquanta e trecento centesimi, oltre al risarcimento dei danni…”. L’antichissimo lariceto, che ha svolto nei secoli una straordinaria azione idrogeologica contro slavine, valanghe e frane, è stato salvato appena in tempo dalla distruzione totale, ed è diventato un’attrazione turistica. Nel periodo estivo, infatti, vengono organizzate escursioni guidate, lungo un percorso attrezzato di pannelli esplicativi della sua storia e delle sue peculiarità.
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