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Personaggi di Vallata : :
(Barba Bertu)

Alberto Burzio
Giornalista-Scrittore

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Personaggi di Vallata

Alberto Burzio
(Barba Bertu)

Giornalista-Scrittore

ALBERTO BURZIO, IL GIORNALISTA-SCRITTORE
CHE AMA LE PERSONE SEMPLICI

Frassino - Valle Varaita
Telefono : (+39) 0175 976102
Cell (+39) 347 5825566

Iniziamo la pubblicazione di alcune "Storie di vita", raccolte da Alberto Burzio negli ultimi 30 anni.
La prima intervista è a don Bartolomeo Ruffa, classe 1913 (morto a Piasco il 14 novembre 1998), che nel 1945 ha fondato a Bellino, in alta Valle Varaita, un ordine di Suore per servire i montanari.
L'intervista è del gennaio 1991.

  • 01-Don Ruffa


    DON RUFFA,
    l’esorcista innamorato dei montanari e di Bellino

    PIASCO – "Presa la strada per Sant’Orso, trova un capannone dove allevano polli, poi più avanti un pollo più piccolo, e sono io": anche al telefono, don Bartolomeo Ruffa, prete dall’intelligenza aperta, è un uomo dalla battuta pronta e spumeggiante.

    Siamo andati a trovarlo a Sant’Orso, dove vive da alcuni anni, con la Comunità di suore da lui fondate a Bellino nel 1945.

    Sulla porta d’ingresso, un francescano "Pax vobis" accoglie il visitatore: e mentre le suore presenti sono al lavoro in cucina e nell’orto, don Ruffa ci accoglie in una sala, dove parliamo per quasi un’ora: ma il tempo vola, perché la storia di questo prete di montagna è tutt’altro che monotona, densa di fatti significativi e soprattutto infarcita di un amore enorme per la montagna e la sua gente.

    Don Ruffa, la sua carta d’identità…

    "Sono nato a Pontechianale il primo giorno di primavera del 1913, ma ho fatto 13 solo quella volta lì – esordisce con una sonora risata – da bambino sono emigrato in Francia, a Nizza e a Montecarlo, poi i miei si trasferirono a Saluzzo.

    Mio padre faceva l’arrotino, ma io non l’ho conosciuto purtroppo, perché la prima guerra mondiale ce lo portò via, lasciandoci nella miseria più nera…".

    Come è nata la sua vocazione di prete?

    "Già quando ero bambino, dicevo a mia madre che volevo diventare prete sono entrato in Seminario a 11 anni, avrei voluto farmi Gesuita, ma non mi vollero, perché ero gracilino e malandato… peggio per loro, avrebbero fatto un grosso affare!" (e giù un’altra risata).

    36 ANNI A BELLINO: UN PARADISO

    Don Ruffa studia per undici anni a Torino, al Cottolengo. Poi, il 29 giugno 1936 è ordinato sacerdote. Pochi giorni dopo, il 9 luglio è nominato parroco di Bellino, dove resta per ben 36 anni.

    "Gli anni di Bellino per me sono stati un piccolo Paradiso: ho sempre amato molto Bellino e la sua gente, nei primi anni avevo 50 ragazzi e 40 ragazze a lezione di canto, poi dalla Russia molti di loro non hanno più fatto ritorno. Sono tornato a Bellino un mese fa, e mi ha fatto male: ne ho ricavato un’impressione funerea, perché non c’è più gente giovane, sono restati solo gli anziani… che tristezza! Nel 1972, quando sono venuto via piangendo da lassù esclusivamente per obbedienza la vescovo, c’erano 68 ragazzi che andavano a scuola: 40 in paese e 28 alle medie di Sampeyre, oggi… non c’è quasi più nessuno".

    Essere parroco in un paese di montagna per 36 anni, significa imparare a conoscere la gente, ad amarla, ad esserle vicino: e sicuramente don Ruffa per i bellinesi ha rappresentato moltissimo, è stato un punto di riferimento importante, una figura dotata di un grande carisma.

    "Oggi i vescovi parlano di "Evangelizzazione e testimonianza di carità", io queste cose le ho già vissute a Bellino 50 anni fa… la porta della canonica era sempre aperta a tutti, giorno e notte… sono stato persino processato e condannato a tre mesi perché distribuivo gratis le medicine alla gente, anche se il medico che mi denunciò per esercizio abusivo della professione se ne pentì subito dopo…".

    L’ARRIVO DEL POTENTE ONOREVOLE

    Un episodio sicuramente significativo è quello legato alla visita in campagna elettorale di un potente onorevole democristiano qualche giorno prima delle elezioni: "Non lo lasciai parlare, ma gli chiesi: "Onorevole, per favore stia zitto, e visto che è da cinque anni che lei siede in Parlamento, ci spieghi cosa ha fatto per la gente di Bellino in questi anni". Il deputato democristiano ammutolì, chinò la testa e se ne andò senza aprire bocca.. ero tremendo, ed ho fatto tante battaglie per i bellinesi, ho sempre cercato di fare qualcosa per loro. Oggi sono molto pessimista sul futuro della montagna: lo spopolamento ha assunto proporzioni enormi, e credo che il discorso dell’autonomia occitana sia un discorso utopistico difficilmente praticabile. Anche perché, i montanari sono diffidenti, e dopo le molte fregature ormai non si fidano più di nessuno…".

    "SUORE RUFFINE, E NON RUFFIANE!"

    Tutti conoscono le "suore di don Ruffa", le religiose che appartengono alla Comunità delle Figlie del cuore immacolato di Maria.

    Perché lei don Ruffa ha fondato quest’ordine di suore? "Non è un Ordine, ma una Comunità – precisa subito don Bartolomeo – fondato nel 1945 con uno scopo preciso: quello di essere al servizio della popolazione di montagna".

    Negli anni scorsi, le suore di don Ruffa hanno aperto i convitti alpini di Sampeyre e di Sanfront, per dieci anni hanno lavorato all’Ospizio di Riberi di Stroppo e alla Scuola agraria di Verzuolo ed oggi continuano la loro preziosa opera al servizio dei montanari svolgendo assistenza domiciliare nei Comuni di Piasco, Rossana, Venasca, Isasca, Casteldelfino e Bellino ("Non Pontechianale – precisa il fondatore – perché nessuno è profeta in patria"). Inoltre, le religiose lavorano presso il Seminario vescovile e la casa del clero di via San Nicola.

    Le suore attualmente sono quindici, per la maggior parte sono originarie di Bellino, una religiosa arriva da Elva, due provengono da Sampeyre. Su loro, scherzando, don Ruffa dice: "Non vorrei, mai e poi mai, che la gente le chiamasse "ruffiane": sono "ruffine"!".

    Don Ruffa, vulcano di iniziative, il primo maggio 1976 ha anche fondato Radio onde azzurre: "Mancava una radio cattolica, ed una sera – oltre la mezzanotte – ascoltando una radio della provincia, mi arrabbiai per la volgarità e le bestemmie di chi era al microfono: questa fu anche la molla che mi fece partire".

    Radio onde azzurre, seguita da don Ruffa, da suor Antonia e da un gruppo di collaboratori, trasmette quotidianamente per alcune ore al giorno ed è ascoltata nelle diocesi di Mondovì, Cuneo, Fossano, Alba, Saluzzo ed anche in parte dei Comuni della diocesi torinese: "È una grande fatica che continuiamo a portare avanti, le spese le copriamo tutte noi, io non voglio trasmettere pubblicità…".

    Tra i collaboratori, c’è anche il vescovo monsignor Dho, che cura una trasmissione ogni domenica.

    In questi anni, don Ruffa è stato truffato da un disonesto monregalese, per una cifra da capogiro, 400 milioni: "Ma grazie alla Provvidenza e all’aiuto dei sacerdoti, in due tre anni sono riuscito a pagare tutti quei debiti".

    Negli anni dal 1972 al 1976, don Ruffa è stato anche il direttore spirituale del Seminario di San Nicola: "Anni difficili, di contestazione. Accettai l’incarico solo per obbedienza a monsignor Fustella, io non sarei mai e poi mai andato via da Bellino".

    "SONO UNA MONETA FUORI CORSO"

    Con una battuta scherzosa, don Ruffa dice di sentirsi nella Chiesa saluzzese come "una moneta fuori corso: così mi ha definito un giorno un giornalista, ed io l’ho ringraziato, per non aver detto di me che ero una moneta falsa. Io nella vita diocesana mi sono per scelta un po’ isolato, e mi piace il silenzio, ed io ormai sono vecchio".

    Un suo ricordo dei vescovi di Saluzzo…

    "Monsignor Egidio Luigi Lanzo era un impulsivo, non bisognava però dare peso a tutte le sue sfuriate. Monsignor Guido Tonetti era un vescovo gentiluomo, molto amato dai preti e dai fedeli. Monsignor Antonio Fustella, persona molto cordiale e paterna, era buono: agli inizi sembrava un po’ severo, poi si raddolcì. Monsignor Dho è un vescovo dinamico, un gran lavoratore, meno ieratico di monsignor Fustella, ma che sta facendo tutti gli sforzi per rinnovare la Diocesi".

    "IL DIAVOLO ESISTE, E LAVORA MOLTO"

    Gran parte delle giornate di don Ruffa vengono assorbite oggi dall’autentica processione di gente che sale a Sant’orso: don Ruffa è anche esorcista.

    "Il diavolo esiste, io non ho alcun dubbio, avendolo provato di persona: e devo dire che lavora molto, di questi tempi specialmente sgretola le famiglie… Io sono molto stanco e provato per tutta la gente che viene da me a chiedere aiuto: il vescovo mi dice che io non sono obbligato a riceverli tutti, però quando vanno via stanno meglio, sono più sollevati".

    "Ciò che manca oggi è soprattutto il dialogo – precisa don Ruffa – il più delle volte chi viene a cercarmi ha bisogno di parlare, di sfogarsi, di essere ascoltato. Io ascolto, cerco di dire una parola buona, e do una benedizione: perché credo che la Chiesa ha il potere di Gesù di cacciare gli spiriti maligni.

    Fisicamente è un compito che mi pesa molto, so che mi sta accorciando la vita, però io lo faccio, per cercare di ‘consolare gli afflitti’".

    Come si manifesta il demonio?

    Don Ruffa cita una sua esperienza: "Una signora era tormentata da spiriti maligni. Parlava con voce maschile, mi diceva: "Non sarai tu a cacciarmi, questa donna è mia, non la lascio a nessuno".

    Dopo tante sedute, grazie a Dio e alla Madonna, sono riuscito a liberarla dal demonio. Ma devo dire che, soprattutto agli inizi, sono stato colpito da molti disturbi: facendo gli esorcismi, le forze del male cerano di vendicarsi: rumori, malesseri, disturbi vari tipici di chi fa questo ‘mestiere’… è stato monsignor Fustella a caricarmi sulla gobba questo compito, monsignor Dho mi ha riconfermato".

    Don Ruffa, dovesse tornare indietro, rifarebbe tutto quello che ha fatto?

    "Sì, con unica esclusione di questi ultimi anni: farei tutto ciò che ho fatto fino al 1972, gli anni di Bellino per me sono stati i più belli. Adesso sono fisso e fesso, questo lo dico sempre a tutti, è la verità". E giù l’ultima risata di gusto, tra le ragioni della partenza di don Ruffa da Bellino, più di uno ipotizza che la sua figura dava fastidio ai notabili democristiani della zona e ai loro giochi di potere: per questo, forse, anche qualcuno di essi fece pressioni sul vescovo per far scendere don Ruffa in pianura. I bellinesi, al momento del distacco gli scrissero nel 1972: "… per tu, que nous a dounà trentosiei an de vido e sies mort tuchi i journ ‘n pau perquè ta gent vivesse".

    ("Per te, don Ruffa, che ci hai donato trentasei anni della tua vita e sei morto tutti i giorni un poco perché la tua gente vivesse").

    Per un parroco, sicuramente, non è poco.

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  • Bed & Breakfast Barba Bertu

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