02-GEMMA CECCARELLI, L’AMICA DEGLI “ULTIMI”
GEMMA CECCARELLI,
L’AMICA DEGLI “ULTIMI”
VERZUOLO – A Verzuolo la conoscono tutti, la sua è una figura familiare. Gemma Ceccarelli, lo sguardo sempre dolce e sorridente, è una signora dal cuore generoso: da oltre vent’anni, è impegnata nel mondo del volontariato, senza mai mettersi in mostra, ma facendo tantissimo per le persone sole e bisognose…
Abbiamo dovuto insistere non poco con la signora Ceccarelli per farci concedere questa intervista, ma alla fine ha accettato: «Può essere una buona occasione per evidenziare i problemi delle persone anziane e sole, per far pensare la gente su chi è meno fortunato di noi».
Ed ecco che allora una mattina della scorsa settimana di siamo recati a casa di Gemma Ceccarelli, l’amica degli “ultimi”, donna meravigliosa nella sua grande generosità.
«Sono nata 57 anni fa, sono sposata da 31 ed ho un figlio di 27 anni – esordisce Gemma Ceccarelli – sono impegnata nel volontariato da oltre vent’anni: io sono una casalinga ma non mi sento per nulla frustrata, mi dedico con grande amore alla famiglia e a chiunque incontro».
Cosa la spinge, signora, a dedicarsi agli altri?
«Due motivazioni: l’amore e la necessità di sentirmi circondata da armonia ed amicizia, per me è questa la vita. Quando sul pullman vedo una persona triste e pensierosa, io fra me penso: “Chissà che problemi ha…” ed allora prego per questa persona, e se il destino la rimette sulla mia strada, cerco di allacciare un rapporto di amicizia e di mettermi a disposizione».
GESTI D’AMORE
Lei è credente: c’è un legame fra la sua fede e l’impegno per gli altri?
«Sì, senz’altro. Io sono convinta che Dio è amore e dunque per vivere in pace con Dio, con gli altri e con se stessi è sufficiente compiere gesti d’amore… e poi confrontandosi con altre persone che hanno problemi più grandi, si ridimensionano i nostri, si riceve così un grosso aiuto e si cresce».
Signora Ceccarelli, come si svolge una sua giornata-tipo?
«Mi alzo al mattino presto, verso le 6. Sbrigo le faccende di casa, preparo colazione per mio marito e mio figlio, che poi vanno a lavorare. Poi, io ho già organizzato la mia giornata: esco, vado a trovare qualche ammalato all’ospedale di Saluzzo; vado da una mia zia, che ha 88 anni; passo alla Casa di riposo di Verzuolo, se c’è qualche necessità particolare. Dopo il pranzo, generalmente vado alla Casa di riposo (dove una volta alla settimana svolgo il servizio di telesoccorso: nel nostro Distretto, ci sono più di 100 persone collegate a noi). Noi volontari facciamo delle “telefonate di compagnia” a queste persone, io ad esempio sono in collegamento con sette persone, che abitano nella vallata ed in zona: io le chiamo e loro già aspettano la mia telefonata, si sono creati dei rapporti molto belli, io le sto ad ascoltare, loro parlano dei loro problemi ed io rendo loro partecipi della mia vita. Devo dire che con queste persone si sono sviluppati dei rapporti molto affettuosi e sinceri».
ANZIANI SOLI NELLE CASE DI RIPOSO
Alla Casa di riposo di Verzuolo, gli ospiti sono un’ottantina…
«È impossibile avere un rapporto stretto con tutti – confida la signora Ceccarelli – io ho un gruppetto di ospiti che seguo, pronta però a seguire le situazioni di necessità che si presentano. L’altro giorno ero ad esempio lì ed ho notato che c’era un vecchietto seduto su un divano, un po’ solo: si chiama Spirito ed ha degli occhi molto vispi. Io mi sono avvicinata e lui mi ha raccontato la sua vita: mi ha detto che è originario di Sampeyre, mi ha raccontato la sua vita da emigrato a Parigi (dove faceva l’autista)… in quei momenti aveva gli occhi che brillavano ed era felice, ed io anche, nel vederlo così: da allora, vedo Spirito in un modo diverso, siamo diventati amici».
In questi rapporti, è più quello che si dà o quello che si riceve?
Gemma Ceccarelli s’illumina nel viso e non ha dubbi: «È senz’altro di più quello che si riceve, sempre. Si riceve sempre moltissimo da queste persone, basta saperle ascoltare».
Quali sono i problemi più frequenti con cui entra in contatto?
«La solitudine, la mancanza di ascolto. In questo mondo, andiamo tutti di fretta, dedicando poco o niente tempo agli altri. Anche a me accade di essere di corsa o nelle curve per preparare il pranzo alla mia famiglia: magari ricevo una telefonata mentre preparo pranzo, però immediatamente penso alla persona che mi telefona, che è sola ed ha necessità di un po’ di calore, di scambiare qualche parola…
Anche per strada accade sovente che vengo fermata da qualcuno, che mi vuole parlare: è il bisogno di essere ascoltati che viene fuori… certo che tu non puoi risolverlo, però il fatto di fermarsi ad ascoltare può dare un po’ di sollievo alle persone sole…».
PARCHEGGIATI IN ATTESA DELLA MORTE
Un giorno Gemma Ceccarelli ha chiesto ad un ospite della Casa di riposo cosa gli pesasse di più: «Questa persona mi ha risposto così: “L’aspettare. Io aspetto sempre che qualcuno mi venga a trovare”. Ecco, io voglia anche tramite “La pagina” lanciare un appello: Andate a trovare le persone anziane e sole! Recatevi alla Casa di riposo, che è un ambiente triste: perché questi anziani non sanno cosa dirsi, comunicano poco fra di loro. Un giorno una signora anziana mi ha detto: “Siamo parcheggiati qui, in attesa della morte”, eppure basta poco per regalare un po’ di calore e qualche momento di felicità a queste persone! Spero che qualcuno, leggendo, sia stimolato e mi telefoni: non resterà deluso! Basta essere un po’ disponibili ad offrire amicizia…».
DIMENTICATO ALL’OSPEDALE<
Ci può raccontare, signora Gemma, qualche episodio significativo di questi suoi 20 anni di impegno?
«Era il 1977, lo ricordo bene. Don Pansa un giorno mi ha detto: “C’è un anziano della Casa di riposo ricoverato all’Ospedale, è solo perché è un ex-carcerato”. Io allora sono andato a trovare quest’anziano, un ergastolano graziato perché aveva un tumore in gola, una persona molto schiva che io conoscevo solo di vista. Avevo già tentato di allacciare un dialogo con lui, ma non accettava. Sono andato allora a nome di don Pansa in ospedale a Saluzzo a trovare quest’uomo (ricordo che c’erano ancora i malati in corsia), lui era lì in un letto con scritto sopra il numero 6, non c’era nemmeno il suo nome. “Don Pansa le manda questi biscotti” ho detto a quell’uomo, lui li ha presi e poi con la mano mi ha fatto il gesto che potevo andare via. Io allora gli ho detto: “Arrivederci” e me ne sono andata. Dopo qualche giorno, sono ritornata a trovarlo: dormiva. Non l’ho svegliato e gli ho lasciato i biscotti sul tavolino. Ma i suoi vicini di letto mi hanno detto: “Lo svegli, signora! Non riceve mai visite”.
Ho notato allora che quell’uomo aveva ancora la tazza di latte sul comodino e non aveva fatto la colazione. Allora ho chiamato l’infermiera “Scusi, quest’uomo non ha fatto colazione, voi non lo avete svegliato”.
L’infermiera ha tentato una timida giustificazione, ma io l’ho bloccata: “No, guardi – le ho detto – lei ora va a scaldare il latte ed io sto qui ad aspettare che quest’uomo abbia la sua colazione”.
Quando quest’uomo ha visto che io lo difendevo, ho visto accendersi il suo volto: in quel momento, è nata la nostra amicizia. Da allora, io sono andata a trovarlo tutti i giorni, quando è stato dimesso l’ho seguito. Quest’uomo – che non poteva parlare – aveva due figli e su un pezzo di carta mi aveva scritto che avrebbe voluto vederli: avevamo provato a rintracciarli, ma loro avevano chiuso ogni rapporto.
Io allora ho detto a Carlo (così si chiamava): “Senti, io non ho più mio padre. Ma cosa ci impedisce che tu per me sia mio padre ed io per te una figlia?”. Lui ha sorriso ed è stato molto felice».
Com’è il mondo del volontariato a Verzuolo?
«È un mondo vario. C’è un gruppo di signore che va a cucire alla Casa di riposo, svolgendo un servizio molto utile. Altri seguono gli immigrati, cercando per loro la casa ed il lavoro ed assistendoli nella varie necessità. Altri si occupano della pulizia di boschi e sentieri. Secondo me, la carenza più grossa sta nell’assistenza agli ammalati, alle persone anziane e sole… qui ci sarebbe bisogno di nuove persone disponibili ad offrire un poco del proprio tempo: per riempire un momento di solitudine, per regalare un sorriso, per stare ad ascoltare».
Gemma Ceccarelli ormai è nota nel mondo prezioso del volontariato, ragione per la quale a casa sua arrivano anche richieste di diverso tipo.
«Ricordo bene il caso di una madre, che aveva avuto il secondo bambino, con un marito che aveva grossi problemi, in quanto alcolizzato (l’alcolismo è un problema drammatico, soprattutto nelle nostre valli): dopo il parto, questa signora aveva avuto un esaurimento terribile e rifiutava il figlio appena nato».
Mi hanno telefonato dall’Ospedale, perché il bambino non lo potevano più tenere, pregandomi di cercare una soluzione per non farlo finire in un istituto… allora, mi sono data da fare: io l’avrei preso anche in casa mia, ma Gigio – mio marito – era preoccupato (“Il bimbo è troppo piccolo, e se poi gli succede qualcosa?”) ed allora ho cercato una soluzione diversa: una coppia di miei vicini di casa, senza figli, prese il bimbo in famiglia, mentre un assistente sociale seguì il caso di Davide molto bene e dopo 7 mesi il piccolo – che iniziava a chiamare mamma e papà i suoi nuovi genitori – ritornò con la sua mamma. Davide è poi cresciuto felice e sereno nella sua famiglia».
I DUE FRATELLINI ORFANI
E Gemma non dimentica, a distanza di anni, Claudio e Pierino, due fratellini originari della Valle Varaita, orfani di padre e con la madre con grossi problemi di salute: «Avevano sei anni e mezzo e cinque anni, erano all’Istituto don Orione che però – alla chiusura delle scuole – non sapeva dove sistemarli… Volevamo evitare che finissero in un orfanotrofio ed allora per 10 giorni, con l’accordo di mio marito, Claudio e Pierino stettero in famiglia. Con questi piccoli – s’illumina la signora Ceccarelli – si era stabilito subito uno splendido rapporto (ovviamente in regola di fronte al Tribunale). Poi, con don Gino Monge riuscimmo a trovare un istituto di Domodossola che li accolse, ho saputo che questi bimbi sono stati adottati da un preside di Vercelli e che il più grande frequenta già il Liceo».
L’intervista a Gemma Ceccarelli è stata fatta nel novembre 1995. Gemma, capace di andare ad assistere anche moribondi sconosciuti, ha lasciato questo mondo il 25 novembre 1998.