07 - SILVIO GALVAGNO, il medico vicino alle vittime innocenti della guerra
SILVIO GALVAGNO
il medico vicino alle vittime innocenti della guerra
UNA FAMIGLIA APERTA AGLI ALTRI
La sua carta d’identità, dottore…
«Sono nato a Manta il 19 giugno 1953. Dal 1979 al 1981 sono stato in servizio civile a Sololo, in Kenya, per la prima volta. La seconda volta, dal 1985 al 1987, abbiamo fatto la “luna di miele”, sempre laggiù».
La moglie Maria Teresa Caselle è originaria di Pino Torinese e lavorava alle Molinette: è proprio il caso di dire che, per i due medici, “galeotto fu il Ccm!”. Donna buona e generosa, dalla loro unione è nato Simone (nel 1987) e poi si sono aggiunti Raoul (che è arrivato da Lima a fine ’91), Daniela ed il piccolo Antonio. Antonio era abbandonato in una Comunità-alloggio di Torino. Sordo e muto dalla nascita, a diciotto mesi è stato accolto dai Galvagno. Superate le enormi difficoltà iniziali (il bimbetto passava le notti piangendo, incapace di parlare e di ascoltare), ora Antonio grazie ad un delicato intervento ha recuperato l’udito, va a scuola e ha fatto enormi progressi.
«VADO DOVE C’E’ PIU’ BISOGNO»
Perchè sovente lei si impegna in missioni umanitarie, rischiando la vita?
«Perchè è giusto. Vado dove c’è più bisogno, a curare le vittime innocenti della guerra. Amo lavorare con Emergency: perché condivido l’idea di curare tutti, senza badare al loro colore, al loro credo, alle loro idee. Anche in Italia si può fare molto per i poveri di quelle realtà, cercando di sensibilizzare le persone. La testimonianza diretta è importante, la tv e i giornali non sempre raccontano tutto. Sovente da noi ci sono tanti pettegolezzi e poca sostanza».
Non ha paura, in certi momenti?
«No, finora non mi è mai successo».
I BAMBINI DEVASTATI DALLE MINE
La parola Afghanistan cosa le fa venire in mente?
«I tanti bambini devastati dalle mine che ho avuto davanti agli occhi, e ho cercato di salvare. Davanti a queste vittime innocenti, ho pianto. E mi sono arrabbiato di fronte all’assurdità della guerra…».
«MILLE SOLOLO NEL MONDO»
E Sololo?
«E’ un piccolo, povero ospedale del Nord-est del Kenya. Una realtà dove ho conosciuto la povertà estrema… ci sono mille Sololo nel mondo, dove le persone vivono male, con un dollaro al giorno a disposizione; dove le donne fanno chilometri e chilometri per portare nelle loro capanne secchi di acqua sporca; dove le prestazioni sanitarie si pagano…».
Cosa le ha insegnato l’Africa?
«Tante cose, sicuramente. Una su tutte: i malati di laggiù non hanno mai fretta, arrivano ed aspettano, con pazienza. Non hanno pretese. Il Ccm lavora in ospedali poverissimi, in condizioni che qui, in Italia, sarebbero semplicemente impensabili: sovente da noi ci sono sprechi di denaro e di risorse, macchinari male utilizzati, mentre laggiù manca tutto…».
«VIVERE IL VANGELO TUTTI I GIORNI»
Dottor Galvagno, lei è credente?
«Quando sono partito la prima volta, la fede non era importante. Oggi no, è diverso: il Vangelo deve essere vissuto, tutti i giorni. E significa non solo andare a Messa, ma vuol dire giudicare criticamente tutte le scelte che facciamo, ogni giorno. Come ci ricorda Padre Zanotelli, quando vai al supermercato, tu voti: bisogna essere informati, ed essere consumatori critici».
Quando vede uomini e donne che muoiono sotto i suoi occhi, non va in crisi?
«La causa di tutte le malattie, in ultima analisi, è la povertà: e quindi i problemi dovuti all’ingiustizia sociale. Non è colpa di Dio, ma dell’uomo».
Una grande gioia di questi anni…
«Il vedere crescere il “gruppo di appoggio” all’ospedale di Sololo: ora quel piccolo ospedale è autonomo, viaggia con le sue gambe e l’ospedale vive in parte grazie alle donazioni del Saluzzese».
I problemi di tutti i giorni…
«Conciliare famiglia, lavoro, Ccm ed Emergency. Per fortuna, mia moglie Maria Teresa mi sostiene e ci dividiamo i compiti. Quando sarò in pensione, e i figli saranno grandi, il mio sogno è quello di poter restare di più fra i poveri».
L’intervista al dottor Galvagno è del 30 settembre 2007.