08 - MARGHERITA DAO ORMENA, portalettere d’altri tempi
MARGHERITA DAO ORMENA
portalettere d’altri tempi
PONTECHIANALE - Margherita Dao Ormena ha un cognome che tradisce le sue origini: un cognome tipico delle stupendo vallone di Elva, in Valle Maira, dove lei è nata il 25 ottobre 1921, nella borgata Martini, ad una manciata di minuti dal capoluogo.
La signora Margherita ora ha i capelli bianchi e qualche problema di salute alle ginocchia (probabilmente dovuto anche ai chilometri e chilometri percorsi a piedi nei suoi “anni verdi”).
UNA FAMIGLIA DI POSTINI
Margherita Dao Ormena, la prima di tre figlie, è nata in una famiglia di portalettere: “I miei genitori per quarant’anni hanno fatto i postini ad Elva, c’erano 27 frazioni da servire, allora ad Elva vivevano ancora 500 anime... e noi figli davamo una mano: io ho iniziato a consegnare posta quando avevo quattordici anni, i primi “giri” erano per portare solo i quotidiani, La Gazzetta del Popolo e La Stampa.
Mio padre, che era un grande mutilato di guerra (gli mancava una mano) ha iniziato a fare il postino ad Elva nell’anno in cui io sono nata: il 1921”.
Che ricordi ha della sua infanzia?
“Ah, fino ai quattordici anni abbiamo vissuto come tutti i bambini. Dai quattordici anni in poi, ci mandavano a consegnare la posta (ovviamente a piedi) nelle borgate più lontane; in quegli anni, i montanari leggevano molto i giornali e ce ne erano sempre da consegnare, in abbondanza... raggiungevamo le case a piedi, con qualsiasi tempo ed in qualsiasi stagione: quando nevicava molto, ci informavamo prima se c’era pericolo di valanghe, e solo in questo caso rinviavamo la corsa”.
Margherita Dao Ormena, da bambina, giocava “molto con le bambole: e poi, tante volte quando eravamo già più altine, giocavamo con le bocce che nostro padre ci aveva comprato. Giocavamo davanti a casa tutte le domeniche, e tutte noi ragazze insieme”.
La signora Margherita ricorda che, quando lei era bambina, la “strada del vallone” ancora non c’era: c’era solo una mulattiera.
LA VITA DI UNA VOLTA
Come viveva la gente di Elva, allora?
“La maggior parte dei montanari lavorava la terra e accudiva le bestie. Io ricordo bene che in autunno, a dorso di mulo (e, poi più avanti con le auto) si scendeva a Stroppo per la riserva per l’inverno: si passava il Colle di San Giovanni (d’inverno la mulattiera del vallone era troppo pericolosa a causa del pericolo di valanghe). Si facevano le provviste alimentari per la brutta stagione, che era lunga...”.
Margherita Dao Ormena ricorda i famosi “caviè d’Elva”: “Allora non c’erano ancora le permanenti. Le donne si pettinavano e si facevano le trecce, i capelli che restavano nel pettine non venivano buttati via, ma raccolti... Ogni donna raccoglieva insieme i suoi capelli e poi passavano i negozianti di capelli a comprarli: i “caviè” guardavano bene i colori dei capelli e poi li raggruppavano insieme per colore, erano di Elva (io ricordo bene Raina, il papà di Don Dao...) ed andavano in giro per le case.
Questi negozianti davano anche lavoro alle ragazze del paese: io ricordo bene le lunghe tavolate di ragazze, che lavoravano i capelli con dei ferri, pettinandoli; i capelli, una volta lavorati, venivano portati in Lombardia e in Veneto, dove venivano acquistati per diventare poi parrucche”.
Ad Elva l’emigrazione stagionale era frequente?
“Qualcuno andava in Francia in autunno per poi fare ritorno ad Elva in primavera, per guadagnare qualche soldo ed integrare il reddito della sua famiglia: facevano i commercianti di stoffe o lavoravano come operai”.
Margherita Dao ha fatto la postina per sedici anni, fino a quando non si è sposata per trasferirsi in alta Valle Varaita ed andare a mettere su famiglia a Chianale.
“Quando ero ragazza, d’estate andavo a dare una mano a mia zia, che aveva l’osteria a Chianale. E’ a Chianale - sorride commossa la signora Margherita - che ho conosciuto mio marito. Io lavoravo da cameriera nell’albergo, e mi piaceva molto: perché mi è sempre piaciuto stare in mezzo alla gente, cosa che mi ha permesso di avere tante amicizie”.
I PERICOLI DELLA GUERRA
Della guerra, Margherita ricorda “il pericolo che c’era: in quegli anni, io non sono venuta a Chianale ad aiutare mia zia, perchè era troppo pericoloso... c’erano i Tedeschi, i soldati, i partigiani e la guerra faceva paura. Io per arrivare a Chianale facevo a piedi il colle della Bicocca per scendere poi a Bellino, ed i miei zii venivano ad aspettarmi a Casteldelfino”.
«MIO MARITO, UOMO DI PACE»
Parlando con la signora Margherita, sono frequenti i suoi accenni affettuosi e pieni di nostalgia per il marito, morto da qualche anno: “Mio marito, quando l’ho visto per la prima volta, mi è piaciuto subito! Era un uomo molto intelligente, buono e pacifico. Quando in paese c’era qualcuno che litigava, allora la gente chiamava mio marito: e lui riusciva sempre a ricomporre le liti e la gente tornava ad andare d’accordo”.
Pietro Roulph aveva già fatto gli esami di ammissione per frequentare le Magistrali a Mondovì, quando improvvisamente morì suo fratello: “Così non fu possibile, per i suoi genitori, farlo studiare. Mio marito ha fatto il contadino per tutta la vita, gli è dispiaciuto non poter studiare, però abbiamo fatto lo stesso una bella vita insieme, ed abbiamo avuto due figli, Marilena e Piermatteo”.
Dalle parole della nostra interlocutrice emerge un bel rapporto famigliare: “Mio marito mi ha sempre rispettata, sapeva capire i sacrifici delle donne, io l’ho sempre stimato molto... Ci siamo voluti bene e mi manca molto, da quando lui non c’è più, la vita non è più la stessa...”.
Come viveva la gente di Chianale negli anni della guerra?
“Le famiglie vivevano abbastanza bene, c’erano molte famiglie che stavano bene, avevano già la persona di servizio. A me Chianale è piaciuta subito, e molto”.
Cosa ricorda delle tradizioni di una volta?
“Quando nasceva un bambino si faceva festa e si era felici; nel giorno del battesimo si faceva un bel pranzo con i parenti.Quando mi sono sposata io, non abbiamo fatto il viaggio di nozze, ma nei primi giorni di matrimonio ce la siamo presa con calma: dopo, abbiamo iniziato a lavorare sodo, anche se a me la campagna non è mai piaciuta molto. All’inizio, avevo quattro o cinque bestie, ma siamo arrivati fino a ventun bestie! Lavoravamo molto, l’unione fa la forza”.
LE NEVICATE DI UNA VOLTA
D’inverno nevicava molto?
“Sì, io ricordo delle belle nevicate. A Sant’Antonio si faceva la festa e il tradizionale incanto, di tutti gli oggetti regalati dai chianalesi alla chiesa: stoffe, formaggio, pane, oggetti vari... mio figlio Piermatteo da anni fa il banditore sia a Sant’Antonio che a San Lorenzo”.
La signora Margherita ricorda che “per la Festa di San Lorenzo molti emigrati ritornavano dalla Francia e c’era sempre molta gente. Era una festa bellissima, si faceva il giro lungo del paese (con i costumi, a dorso di mulo) fino al ponte che si attraversa per andare ai laghi Blu e poi si attraversavano i prati oltre Varaita”.
Lei indossava il costume tradizionale?
“Nella vita di tutti i giorni, no. Mia suocera però lo portava, e così molte altre donne”.
Con una punta di nostalgia, Margherita Roulph ricorda che “in quegli anni, Chianale era molto popolata. E la gente andava d’accordo: quando gli uomini lasciavano Chianale in autunno per poi fare ritorno al paese in primavera, le donne con gli anziani restavano le padrone delle case; e ci si aiutava, c’era molta solidarietà”.
Parlando con Margherita Dao Roulph, si resta colpiti dal suo amore per la gente di montagna: “Ah, a me è sempre piaciuto stare in mezzo ai montanari. Ho fatto la postina per 16 anni ed entrando nelle case ho conosciuto tante persone ed avuto tante buone amicizie... potessi tornare indietro, non avrei dei dubbi: rifarei tutto quello che ho fatto e soprattutto risposerei mio marito, che mi manca molto”.
La storia di Margherita è la storia di una montanara semplice e buona, che valeva la pena di essere raccontata.
L’intervista è del settembre 1997. Margherita Dao Ormena ha lasciato questo mondo il 2 settembre 2006.