12 - SUOR MARGHERITA PERIN, una vita di gesti d'amore
SUOR MARGHERITA PERIN
Suor Margherita Perin -
«HO TROVATO DIO FRA LE PECORE E I MONTI»
«Sin da piccola, quando ero bambina ed andavo al pascolo, ho sempre sentito una forte attrazione verso il Signore»: così inizia a raccontare la sua vita Suor Margherita Perin, di origini occitane (è nata il 22 aprile 1922 nella borgata Puy di Casteldelfino, nel vallone di Blins), che fa parte dell’Ordine Salesiano.
Suor Margherita è una donna buona e semplice, dai tipici tratti montanari: non è di molte parole, ma se riesci a conquistare la sua amicizia, ecco che il suo cuore “si apre”, rivelando un animo sensibile e delicato.
IL SILENZIO DEI MONTI
«Io andavo al pascolo in alta Valle Varaita, guardavo il cielo e le mie stupende montagne, e mi sentivo chiamata da una voce che mi parlava…Nessun prete mi ha insegnato a pregare, quello che mi ha insegnato a pregare è stato il silenzio dei miei monti. Al Puy, la mia borgata natìa, c’è una cappella intitolata a Sant’Orso: e c’è una bella Madonna. Io una notte ho fatto un sogno: che la Madonna, mentre io ero a pregare in chiesa, mi si è avvicinata e mi ha guardata bene…da quel giorno, ho desiderato di farmi Suora».
LA BELLA CAMERIERA
Suor Margherita ricorda molto bene gli anni della sua giovinezza: «Quando ero ragazza, andavo a ballare con mia sorella. Ballavo bene la gigo, la curento, la tresso e le altre danze, che mi piacevano molto: però, arrivata a casa, mi mettevo a letto e piangevo, perché quella vita non mi piaceva, non faceva per me, non ero contenta di me stessa… sentivo chiaramente che le cose del mondo non facevano per me. Durante il giorno, portavo le pecore e le mucche al pascolo e pregavo e mi sentivo il Signore vicino».
Poi, a vent’anni, la giovane Marguerito Perin va a fare la cameriera al Leon d’Oro a Saluzzo: «Mi piaceva tantissimo, la gente mi voleva bene! “Dov’è quella signorina alta con le trecce intorno alla testa?” chiedevano di me – ed io gioivo».
Dopo quella esperienza, la giovane ragazza entra per un breve periodo alle Orsoline e quindi, successivamente, a Nizza dalle suore salesiane: «Nel 1948 sono entrata nel Noviziato a Nizza Monferrato e due anni dopo sono diventata suora salesiana».
Il padre lavorava la terra e, nei mesi invernali, per far quadrare il bilancio, emigrava in Francia dove faceva l’ombrellaio. «A San Michele, alla fine di settembre, andava in Francia per poi ritornare a casa a maggio. La mia famiglia aveva tanta terra al Puy e la coltivavamo, insieme a mia madre, ai miei due fratelli (Matteo e Giovanni) e alle mie sorelle (Beatrice e Caterina). Quando sono state un po’ più grandi, le mie due sorelle sono andate “a servizio” per guadagnare qualche soldo: a casa restavamo mia madre, un mio fratello ed io».
POVERI MA SERENI
«In quegli anni, c’era tanta povertà, ma eravamo anche tanto sereni. Ricordo che mangiavamo pane e patate che a Natale la mamma ci metteva sotto il cuscino qualche regalo con quella carta che faceva un po’ rumore: magari ci comprava un grembiulino, ma noi godevamo molto di quelle poche cose…allora non c’era la televisione e la sera ci ritrovavamo nella stalla a fare le veglie, si filava, si facevano i "causet” (io a maglia lavoro bene) e poi quando il papà ritornava in primavera dalla Francia, si facevano i mestieri, piantavamo le patate e lavoravamo i campi».
Quando Marguerito Perin era bambina, al Puy (oggi disabitato) vivevano una cinquantina di persone: «La scuola era a Chiot Garin nella casa che è oggi di Dal Molin. Ricordo ancora molto bene il mio maestro, si chiamava Daniele Dao (è morto da poco) ma quell’uomo ci ha insegnato molto. Ricordo sempre che ci diceva: “Ragazzi, se volete combinare qualcosa nella vita, alzatevi da tavola con un po’ di fame” ed io questo consiglio l’ho sempre tenuto in considerazione».
LA VITA DI UNA VOLTA
Suor Margherita, li ricorda ancora i suoi compagni di infanzia?
«Sì, certamente. In particolare la mia compagna Margherita, emigrata in Francia: era più povera di noi e io, di nascosto, prendevo un po’ di pane e di farina e lo portavo a lei…A Torrette avevo un’amica, che era anche molto povera e io cercavo di aiutarla un poco».
La vita di allora era diversa da quella di oggi: «C’era molta più solidarietà, la gente si aiutava. Se restavi indietro nello zappare, i vicini ti davano una mano e poi un’altra volta eri tu a ricambiare l’aiuto. Facevamo anche noi le “rueides”, toglievamo la neve ed in primavera aggiustavano le strade».
Suor Margherita ricorda che «nelle veglie si cantava e anch’io suonavo la fisarmonica a bocca.Cantavamo “La violetta” e ballavamo le nostre danze. A Sant’Orso e a San Chiaffredo affittavamo un’aia, chiamavamo un suonatore (uno zoppo di Caldane che si chiamava Bernard e un cieco di Torrette che suonava la fisarmonica) e noi ballavamo e ci divertivamo un mondo».
«MEGLIO MORTA CHE SUORA»
Quando suor Margherita, ragazza vivace e normale, confida ai suoi l’intenzione di consacrare la vita a Dio, le reazioni dei famigliari sono fortemente contrarie: «Assolutamente no! E tutti mi hanno detto: “Suora no, piuttosto preferiamo vederti morta”. Mio padre, alla fine, mi ha detto: “Senti, figlia mia, pensaci bene. Se è il tuo destino, vai pure: però ricordati che non hai un mestiere e quindi non hai niente… tu sarai sempre a servizio delle altre».
E sua madre?
«Mia madre mi ha detto: “Senti, Margherita, se non ti vuoi maritare, non preoccuparti. Piuttosto stai a casa con noi e noi ti lasceremo qualcosa”. Ma io sentivo che quella era la mia strada e non sono assolutamente pentita della mia scelta. Devo dire che il Signore non mi ha mai deluso, le creature invece sì, e tante volte».
L’AMORE DIVENTA PREGHIERA
Suor Margherita non è imbarazzata quando le chiediamo se aveva un fidanzato e come aveva preso la sua decisione. «Sì, parlavo ad un ragazzo.
Era un veneto. Ha sofferto molto per la mia scelta, ma alla fine l’ha accettata: mi ha chiesto di pregare per lui ed io l’ho sempre fatto, continuando a volergli bene in modo diverso».
A COGLIERE LE GENZIANELLE
Suor Margherita ha dei bei ricordi di quando era bambina: «Andavamo a giugno, partivamo al mattino alle quattro dirigendoci verso la Battagliola con una tasca sul petto ed un’altra sulla schiena per raccogliere le violette e le genzianelle. Poi, le facevamo seccare, le raccoglievamo in sacchi e le portavamo con la “cabassa” a piedi ad un signore di Sampeyre, che le acquistava per fare profumi».
Un anno, con i soldi delle violette, Margherita accumula un piccolo tesoro: 25 lire, «Allora ho comprato un agnellino per la nostra famiglia. E ho sempre cercato di aiutare, di nascosto, chi era più povero di noi».
Come mai non è entrata fra le Suore di don Ruffa?
«Non mi vergogno a dirlo: io non sono mai stata adatta al lavoro della campagna, il mio povero padre me lo diceva sempre (“Vai a sederti all’ombra, non sei fatta per zappare”) e perciò non me la sono sentita di entrare nella loro Comunità».
Ricorda le reazioni dei bellinesi di fronte alle numerose giovani che si facevano suore?
«Tanti non capivano, ai primi tempi erano quasi tutti contro. L’unica persona che ha rispettato la mia scelta è stato “Barbo Piere”, uno che non andava in chiesa: tre giorni prima di morire è andato da mio padre e gli ha detto: “Matteo, io questa settimana muoio”. Mio padre gli ha detto: “Se è così, poiché sei un cristiano, chiama il prete”. Ma “Barbo Piere” gli ha risposto: “Matteo, io nella vita non ho mai ucciso, né rubato. Ho fatto del bene a chi potevo. E allora non ho bisogno del prete, io me l’aggiusto da solo con il buon Dio. E dopo tre giorni è morto. “Barbo Piere” era un uomo che andava a Messa solo a Natale e a Pasqua, ma faceva del bene ogni qualvolta poteva: è questa la carità!».
AIUTARE SEMPRE GLI ALTRI
Cosa significa per lei essere suora?
«Per me – risponde senza esitazioni la Salesiana – vuol dire amare molto il Signore ed il nostro prossimo. Quando c’è un bisogno, bisogna buttarsi ad aiutare, ma io non sempre ci sono riuscita, e lo so».
Nella sua lunga vita, Suor Margherita Perin è stata per 21 anni a Castagnole Lanze, poi a San Marzanotto d’Asti, quindi a Rossana; poi ad Asti e in vari Istituti, per poi ritornare a Rossana fino al 1993. Oggi è ospite della Casa madre, a Nizza Monferrato.
La vita in Comunità, come è?
«Come in tutte le famiglie, la convivenza a volte crea dei problemi. Ognuno ha il proprio carattere ed i propri difetti».
La soddisfazione più grossa?
«È la preghiera. Se una Suora non si affida a Dio, non ce la può fare».
Prima di congedarci, Suor Margherita confida che «Se potessi tornare indietro, rifarei di nuovo la suora, evitando gli errori e cercando di essere più buona e più distaccata dalle cose…E la sera, prima di addormentarmi, i miei pensieri ritornano alla mia borgata natìa, alle mie montagne, a mia madre, a mio padre… alle luci ed alle ombre che ci sono in ogni famiglia, e che si possono superare solo con la preghiera».
E ancora: «Adesso aspetto con serenità “Sorella Morte” e ci vado tanto volentieri dal buon Dio, non ho paura di morire. Io non sono nulla: non ho studi, non ho cultura, non ho soldi. Sono una povera Suora nata in un paese di montagna, che ha servito gli altri facendo la cuoca».
IL VANGELO VISSUTO IN SEMPLICITA’
Il buon Dio ha accontentato Suor Margherita, che nelle prime ore del mattino di sabato 5 aprile 2008 ha lasciato questo mondo, dopo un breve ricovero all’Ospedale di Asti, a seguito della rottura del femore. Eravamo vicino alla religiosa la sera prima del trapasso. Nel corridoio della Divisione di Ortopedia, un’anziana su una carrozzella ci ha chiesto sue notizie: «Come sta Suor Margherita?».
«Se ne sta andando in Paradiso», le abbiamo risposto. E la signora sconosciuta, con gli occhi lucidi: «Io le devo tanto! A San Marzanotto, dove vivo, mi portava i miei due figli piccoli a casa di sera: una in braccio, e l’altro nella carrozzina. Mia figlia, che fa l’infermiera qui, ha dei ricordi fantastici di lei: e non ce la fa a venirla a vedere, scoppierebbe a piangere!». Ecco uno dei tanti aneddoti della vita di tutti i giorni, uno dei numerosissimi gesti d’amore compiuti da Suor Margherita. Lei ha saputo vivere il Vangelo, in semplicità. La sua Fede in Dio era davvero in grado di spostare le montagne. Ora la religiosa riposa per sempre a Casteldelfino, ai piedi delle sue amatissime montagne, dove sin da piccola sentiva la presenza di Dio.
L’intervista è dell’ottobre 2007. Suor Margherita ha lasciato questo mondo il 5 aprile 2008.