19 - MILLY EMANUEL, La “moglie del prete” -
L’intervista è stata raccolta il 7 ottobre 2009.
MILLY EMANUEL,
La “moglie del prete”
A Caramagna Piemonte per tante persone è semplicemente “la maestra Milly”, per altri invece è “la moglie del prete”. Lei, Milly Emanuel, lo dice sorridendo ed accetta volentieri di raccontare la sua storia d’amore con l’ex-parroco di Lemma. Una storia di coppia che, come accade nella vita, è fatta di momenti di gioia e di sofferenza, ma è molto bella perché caratterizzata sempre da rispetto reciproco, da grande tenerezza e dalla gioia di avere una famiglia serena.
IL PADRE ESATTORE
«Mi chiamo Emilia, ma per tutti sono “Milly”. Sono nata a Caramagna Piemonte il 18 gennaio 1949, da una mamma che aveva 44 anni suonati e ha rischiato grosso portando avanti la gravidanza… Mio padre Giacomo era esattore, mia madre Lodovica maestra, ma non ha mai insegnato e ha sempre collaborato in ufficio con papà. Ho due sorelle, di 16 e 10 anni più vecchie di me».
Ricorda la sua infanzia?
«La mia bambola si chiamava Francesca, spariva a inizio dicembre per ricomparire a Natale con un nuovo vestitino fatto da mia nonna. La mia famiglia era benestante, ma si viveva con semplicità e sprecando nulla, accontentandosi di poco e essendo sempre disponibili verso chi aveva bisogno di aiuto. Mia nonna paterna, morta di parto a 29 anni dando alla luce papà, era conosciuta come “ la mamma dei poveri” e suo figlio ha continuato in questa generosità. Per me è sempre bello trovare gente che ricorda ancora il bene ricevuto dai miei genitori» .
IL PRIMO INCONTRO
Com’è stato il primo incontro con don Stefano Gastaldi?
«Era venuto a trovarci nell’Istituto medico “ Raggio di Sole” a Latte di Ventimiglia, di proprietà della Diocesi di Saluzzo: era l’8 dicembre 1967. Io facevo l’assistente, avevo 18 anni ed ero neodiplomata maestra; avevo perso il mio adorato papà da pochi mesi e avrei dovuto fermarmi lì per un anno. Invece a Natale sono tornata a casa per stare vicino a mia mamma e per imparare ad aiutare meglio quei bambini diversamente abili, frequentando la scuola di ortofrenica».
Cosa l’aveva colpita di lui?
«Gli occhi azzurri e dolci, il viso abbronzato, il suo fare deciso. disse a noi educatrici che se fossimo andate a trovarlo a Lemma ci avrebbe offerto il pranzo all’osteria. E, nelle vacanze di Pasqua del 1968, ci siamo andate».
Cosa è successo quel giorno?
«Dopo il pranzo, ci ha invitate a prendere il caffè in canonica e ci ha fatto vedere la sua casa. Le camere erano gelide. Da alcune frasi scambiate ho capito subito quanto questo prete soffriva la solitudine. Don Stefano amava i suoi montanari della Valle Varaita ed era per loro da oltre 16 anni parroco e anche punto di riferimento in tutto: dai problemi di lavoro a quelli di salute... Ma aveva in cuore una speranza e me la confidò: “Vedrai, la Chiesa col Concilio deciderà che i preti possano sposarsi” ».
IL PROGETTO DI UNA NUOVA VITA
E lei come ha reagito?
«Io gli ho detto che il prete doveva essere tutto di Dio e gli ho spedito, giorni dopo, con il ringraziamento per il pranzo, la preghiera del sacerdote “La domenica sera” di Quoist. L’ho anche invitato, a nome dei miei, a venirci a trovare… cosa che non si è fatto ripetere due volte. Pian piano in lui si faceva strada un progetto di vita…»
Quale, Milly?
«Il sogno di essere un giorno, insieme a una moglie, casa e cuore aperto per i preti soli e in difficoltà».
La vostra storia d’amore come è iniziata?
«Parlavamo molto, anche insieme a mia madre. Ho capito che la nostra amicizia stava diventando qualcosa di più importante al ritorno dalla colonia di Ceriale, dove lui era direttore ed io andai come infermiera (avevo fatto un corso di pronto soccorso). Don Stefano mi ha detto: “Ora torno a Lemma, e sarò di nuovo solo. Se trovassi una ragazza come te le direi: “Aspettiamo insieme… se la Chiesa decide per il matrimonio dei preti bene, altrimenti io salto il fosso perché non ne posso più di questa solitudine. Tu però sei la primavera, e io l’inverno, perché ho 25 anni in più di te”. Allora gli ho sorriso e ho risposto: «È questo il problema per te? Per me, non lo è. E gli ho dato il primo bacio sulla guancia, proprio in questa casa».
E il suo direttore spirituale cosa le ha consigliato?
«Mi ha detto: “Milly, stai vicina a quest’uomo! Ma se ti accorgi che lui deciderà di tornare indietro, tu promettimi che non farai nulla per fargli cambiare idea. Devi amare a fondo perduto”. Abbiamo così continuato a vederci di nascosto, o a casa, con mia mamma presente. Intanto il Concilio non aveva deciso… Sua madre aveva seri problemi di salute e, avendo voluto da sempre Stefano prete, gli raccomandava di essere fedele alla sua vocazione. Stefano era veramente spaccato in due, non mi parlava più di saltare il fosso; allora io ho pensato fosse arrivato il momento di mantenere la mia promessa… e l’ho lasciato».
IL “MAGGIOLINO” DAVANTI A SCUOLA
E poi?
«Per togliermelo dal cuore ho ripreso a frequentare i miei amici di prima. A Pasqua Stefano si è fatto sentire: io ero al mare con alcuni amici e ha telefonato a casa. Il giorno dopo ho visto il suo “Maggiolino” bianco davanti alla mia scuola accanto alla mia “500”, sono salita e lui dopo aver percorso in silenzio alcuni chilometri ha fermato l’auto e mi ha detto piangendo: “Basta, in questi mesi lontano da te, la solitudine è diventata insopportabile.. Domani vado a parlare al vescovo. Voglio una mia famiglia».
E lei cosa gli ha detto?
«Non voglio dichiarazioni d’amore in lacrime: pensaci bene poi ne riparliamo con calma».
Dopo una decina di giorni, Stefano Gastaldi arriva a casa di Milly Emanuel e annuncia a lei e alla sua mamma: «Ieri sono andato da monsignor Fustella e gli ho detto che intendo fare la domanda di riduzione allo stato laicale. Se tu mi vuoi, Milly, è con te che vorrei condividere il cammino. Ma ricorda che anche se tu mi dicessi di no, io lascerò il ministero».
Cosa ha pensato?
«Io devo ringraziare Stefano per quelle sue parole che non mi hanno fatta sentire in colpa per esser stata la causa del suo abbandono… semplicemente il buon Dio mi ha messa sulla sua strada, nel momento in cui lui era al massimo della solitudine».
LE REAZIONI DEL VESCOVO
Il vescovo Fustella quali reazioni ha avuto?
«Ha provato in tutti i modi a convincere Stefano a non fare la scelta che aveva maturato, promettendogli concessioni, supplicando ripensamenti, facendo minacce di castighi divini... e iniziando lui per primo a infliggere pene: “Da domani non celebri più la Messa (Stefano suonava le campane per la Messa domenicale, poi andava via e arrivava un altro prete a celebrare!) e imponendo tutte le restrizioni sulla celebrazione del matrimonio… in seguito ha anche cercato di convincere il cardinale Pellegrino a non dargli l’insegnamento della Religione a scuola».
Quando vi siete sposati?
«Il 23 dicembre 1970 nella chiesa della Consolata, davanti a don Zaini. Niente abito bianco. Niente organo e niente canti. Nessun parente in chiesa o messo al corrente prima delle nozze. Matrimonio celebrato a porte chiuse… un testimone scelto da Stefano e uno dal celebrante… Neanche mia mamma ha potuto esserci vicina: il vescovo Fustella l’aveva intimato! Imposizioni difficili da accettare a 21 anni… e che sono tuttora, a distanza di 40 anni, una ferita aperta. Inoltre la mamma di Stefano non ha mai saputo che suo figlio si fosse sposato. Io sono entrata a casa sua il giorno che è morta sua mamma e Aldo aveva già quattro mesi».
Il viaggio di nozze?
«A Bordighera, in Liguria, nelle vacanze di Natale, in compagnia di Carlo Chiola e di sua moglie. Poi, io ho iniziato a fare supplenze, ma Stefano per più di un anno non ha trovato lavoro per mancanza di titoli di studio riconosciuti e per l’età».
IL CARDINALE “GELIDO”
E poi il lavoro è saltato fuori?
«Mio marito è andato dal cardinal Pellegrino chiedendogli di poter continuare a far scuola di Religione. La risposta è stata come uno schiaffo: “Sapeva lei quando ha lasciato che avrebbe trovato difficoltà? E allora… adesso ne sopporti le conseguenze” Un nostro caro amico, ex-parroco e poi sposatosi anche lui, quando l’ha saputo è andato a parlare all’arcivescovo di Torino. “Cardinale Pellegrino, lei se vede un uomo che sta annegando nel fiume, cosa fa? Cerca di salvarlo o gli dà una botta in testa per farlo andare a fondo?”. “Che domanda: cerco di salvarlo!”. “Mi spiace, ma lei ad un mio amico alcuni giorni fa non ha teso la mano”. Il cardinale è arrossito nascondendo la faccia tra le mani ed è stato per alcuni interminabili minuti in silenzio, poi gli ha detto: “Dica al suo amico di far domanda per l’insegnamento di Religione all’Ufficio catechistico, io l’appoggerò.”
Avete passato momenti di grande difficoltà?
«Sì, certamente. Anche per la presenza insistente dei giornalisti, che ci perseguitavano. Siamo finiti sui giornali e questo ci ha creato tanti problemi. I nostri due figli li abbiamo dovuti battezzare in casa perché i giornalisti continuavano ad avere interesse per la nostra storia e la condizione per mantenere il posto a scuola per Stefano era quella che non si sapesse la sua storia».
Qualcosa di bello è però anche successo?
«Certo. Quando ero incinta di Dario, il 19 gennaio 1975, abbiamo avuto la fortuna di conoscere i Padri Venturini di Trento, che sapevano dell’esistenza di un gruppo di preti sposati a Torino. La loro congregazione è nata per l’aiuto ai sacerdoti e attraverso di noi hanno cercato di comprendere il perché della crisi e hanno capito che era importante salvare l’uomo più che recuperare il prete. E noi abbiamo gioito nel trovare una congregazione che aveva come punto forte del suo esistere la nostra stessa vocazione: l’accoglienza ai preti in difficoltà».
E così la vostra casa cosa è diventata?
«Per tanti anni, luogo di incontro di amici, di sacerdoti, di preti in crisi e di preti realizzati, ma sensibili ai problemi di chi non lo era».
PRETI MASCHILISTI
Che idea si è fatta dei preti?
«Che i sacerdoti sono degli uomini qualche volta maturi, qualche volta no. Se il ruolo ingoia l’uomo diventano poveri uomini più che mai bisognosi di un aiuto esperto».
È stato facile o difficile sposare un prete?
«È stato difficilissimo! Perché il prete è abituato a presiedere, e oltre ai difetti comuni degli uomini ha anche quelli del prete derivanti da una formazione che ignora completamente la realtà dell’altra metà del cielo. Stefano ha capito e sostiene sempre che le mogli dei preti devono essere donne eccezionali. In Stefano ho trovato prima l’amico, la persona capace di ascoltarmi, poi anche il padre, e il figlio… Se devo definire la nostra storia con poche parole dico che è stata ed è ancora “ tenerezza infinita”».
I vostri figli sanno del passato del loro papà?
«Ad Aldo e Dario non abbiamo mai nascosto nulla e fin da piccoli hanno saputo che il loro papà era stato prete e per anni aveva desiderato di diventare papà. È stato doloroso per loro scoprire quando ci siamo trasferiti qui, che qualcuno dello stretto giro intorno al campanile lo giudicava male per la sua scelta»
E la sua fede?
«So che Dio c’è, ci ha fatti incontrare e non ci ha mai abbandonati».
Come vede la Chiesa cattolica?
«Molto chiusa e non solo sul celibato dei preti… che, secondo me, è chiamata di pochi e ha un valore se apre veramente ad essere preti a tempo pieno, cioè a totale servizio dei fratelli, una cosa più difficile se si hanno impegni di famiglia. Finché è un’imposizione legata al sacerdozio e non libera scelta, ci sarà sempre chi ad un dato punto della vita, matura la scelta di avere una donna o sposandosi o… tenendo il piede in due scarpe. Ma io non giudico… ognuno è libero di agire secondo la propria coscienza».
L’intervista è stata raccolta il 7 ottobre 2009