Continua la pubblicazione di alcune "Storie di vita", raccolte da Alberto Burzio negli ultimi 30 anni.
23 - BARTOLO BRUNA, cuoco felice a Sambuco -
L’intervista è stata raccolta a marzo 2013.
BARTOLO BRUNA, cuoco felice a Sambuco
Bartolomeo Bruna (“Bartolo”) è una figura molto conosciuta anche perché è uno chef valido ed appassionato: “Sono nato per caso a Savigliano il 19 marzo 1949. Mia mamma Margherita Quaranta faceva la margara, mio padre Antonio aveva l’Osteria del paese, che noi portiamo avanti. Dopo la guerra, quando qui in paese a vivere si faceva fatica, i miei erano emigrati a Savigliano, dove io sono nato. Mio padre con un camion faceva il corriere, mia mamma la casalinga. Ho una sorella, Silvana, che è monaca di clausura benedettina nel Lazio, a Tarquinia”.
LA SORELLA IN CLAUSURA
Che ha rapporti con sua sorella?
“Ottimi! Lei ha 5 anni in meno di me, ci sentiamo per telefono sovente e ci vediamo una volta all’anno. Io le raccomando di pregare anche per me… La sua scelta io l’ho accettata, mio padre anche, mia mamma invece era andata un po’ in crisi per la scelta di Suor Antonia. Poi con il tempo i rapporti sono diventati ottimi”.
Cosa pensa della clausura?
“Capisco la scelta di mia sorella, apprezzata e condivisa a Sambuco, e lei continua ad avere dei rapporti intensi con Sambuco, a distanza. A Natale scrive sempre una lettera che viene letta in chiesa, quando qualcuno si sposa arriva la pergamena con la benedizione del Papa”.
Come fai lei è finito a Sambuco?
“Perché un giorno mio nonno ha scritto a mio padre, e gli ha detto che l’Osteria sarebbe stata sua. Era il 1957, mio papà ha accettato e siamo tornati a vivere a Sambuco”.
L’ALLUVIONE DEL 1957
Lei aveva 8 anni… che ricordi ha di quel viaggio?
“Ah, il trasloco è durato tre ore di viaggio, ma a me è sembrato una eternità! Mia mamma si è messa a lavorare con mio papà nell’Osteria e io sin da bambino ho girato fra le pentole”.
Un ricordo della sua infanzia?
“La famosa alluvione del 1957, che aveva colpito diverse valli alpine. Noi siamo stati isolati per tre mesi, lo Stura aveva portato via la strada da Vinadio in su e Sambuco si raggiungeva solo a piedi. Rivivo l’alluvione come se fosse un film”.
Da bambino sognava di fare il cuoco?
“No! Da bambino sognavo di volare con l’aereo. Ho fatto il paracadutista da militare, ho fatto diversi voli con l’aereo e ho preso anche il brevetto per guidare il parapendio. Sono diventato cuoco per caso, ma cucinare mi piace”.
Cosa rappresenta la cucina per lei?
“Mia mamma mi ha insegnato molte cose, noi abbiamo puntato sulla ristorazione. Grazie alla cucina ho raggiunto una grande popolarità, che non immaginavo. Nel 1989 mia mamma ha lasciato e io ho preso le redini in mano. Poi ho avuto un incidente con il parapendio, ho agganciato una pianta cadendo come un pero da dieci metri e mi sono rotto tre vertebre. Sono stato tre mesi bloccato a letto, era il 17 luglio 1990: quella stagione è andata a rotoli e mia moglie, Alda Degioanni, con i miei genitori ha cercato di tamponare quell’emergenza. Momenti difficili…Ho firmato io le dimissioni dall’ospedale, contro il parere dei medici”.
Cosa pensa della salute?
“La diamo tutti per scontata, e ci accorgiamo sovente di questo quando l’abbiamo persa”.
E poi?
“Mi sono ripreso e dal 1994 al 1996 abbiamo fatto l’albergo nuovo, con grandi sacrifici e una grossa grinta. Io non mi arrendo mai”.
La più grande fatica?
“Alla sera, quando devo chiudere, verso le 22.30. Alle 5 e mezza del mattino sono in piedi”.
Il piacere più grande?
“Quando arrivo in sala e vedo la gente che mangia ed è felice”.
PIATTI SEMPLICI
Che cucina propone?
“Propongo la cucina del nostro territorio, alcuni piatti semplici dei nostri vecchi. Quando ero bambino mangiavo i “cruzet” (piatto tipico di pasta della valle Stura), le patate, la pasta fatta in casa… Oggi c’è una rivalutazione dei piatti “poveri” di una volta, che riutilizzavano gli avanzi, come il fritto misto o la “bagna cauda”…”.
Il problema con cui deve fare i conti tutti i giorni?
“Mi diverto ancora lavorando. In cucina c’è un giovane, Luca Marchisio, arrivato una decina di anni per uno stage e che mi aiuta. Mia moglie si occupa delle camere dell’albergo, io della cucina e del reperimento dei prodotti”.
La ricetta che ama di più?
“E’ l’agnello sambucano! Lo cucino nel modo più semplice e la gente quando lo mangia è entusiasta. Io credo che la cucina semplice sia quella vincente”.
Una ricetta per chi legge?
“Volentieri! Prendete una spalla disossata di agnello sambucano, tagliatela a pezzetti, rosolatela delicatamente con olio extravergine, coprirla di acqua e far consumare per una quarantina di minuti a fuoco lento. Tritare il rosmarino
E aggiungere con il sale e portare a tavola”.
Quali sono i patti occitani che propone?
“Ho ripreso, ingentilendola, una vecchia ricetta di torta salata di patate e di riso. Cucino i “cruzet” con i porri di Cervere e le patate. Poi l’agnello sambucano, molto apprezzato. Sui dolci invento volentieri, non vado mai dietro alla ricette”.
Quando si è sposato?
“Il 18 settembre 1971, Alda è di Aisone. Non è stato difficile conquistarla, dopo un anno e mezzo di fidanzamento ci siamo sposati. Abbiamo due figli e 4 nipoti”.
Sambuco cosa è per lei?
“E’ un bel paese con 80 abitanti e siamo fortunati ad essere qui. Il paese è un valore in più. Dagli anni Settanta, il turismo è cambiato e oggi i mille metri di quota sono ambiti fra i turisti”.
I montanari come sono?
“Ottime persone. I valori qui sono restati, il problema grosso è che manca purtroppo la gente e non ci sono i servizi. Spero che lentamente ci sia un rilancio della valle Stura, giocando le carte del turismo, dell’artigianato e dell’agricoltura, dove ci sono ottimi prodotti di nicchia”.
PREGHIERE IN CUCINA
I suoi progetti per il futuro?
“Mi diverto molto in cucina e non penso alla pensione!”.
Pensando ai suoi genitori?
“Li devo ringraziare, mi hanno sempre incoraggiato al cento per cento. Sono soddisfatto della vita e della mia famiglia, con i figli che vivono qui in paese”.
Il segreto del successo?
“Puntare sulla qualità”.
Lei va sovente in chiesa?
“Quando riesco, ma i preti mi vogliono bene lo stesso. Io prego quando cucino. La morte: io ci sono andato molto vicino quando sono andato sott’acqua nello Stura, avevo 25 anni e ci sono restato per un minuto e mezzo. Una eternità. Poi sono riuscito a riemergere e sono felice di essere ancora qui!”.
Albergo della Pace - Via Umberto, 32 Sambuco - Valle Stura
L’intervista è dell’8 marzo 2013.
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